Lettore medio

Il peccato armeno – la binarietà del male (Matteo Nunner)

9788894823110_0_0_0_75“Un universo di ordine? Oppure è il caos la sola vera legge sottostante? Ecco l’unica lezione degna: chi ha decretato che ordine e caos debbano essere due regole scisse?”

Impero ottomano, ultimo scorcio del XIX secolo. Nella città di Van la maggioranza della popolazione, armena e cristiana, vive sotto il giogo dell’oppressione di turchi e curdi. Nella comunità spicca la famiglia Dadrian. “Il peccato armeno” segue in particolare le vicende di Claude-Henri, il più piccolo della sua stirpe, che da bambino insicuro, vittima delle angherie dei coetanei turchi diverrà ardimentoso combattente. In un connubio ben riuscito tra affresco storico e romanzo di formazione, il protagonista scoprirà anche le gioie e i tormenti dell’amore. Matteo Nunner ci restituisce una realtà antica che, eppure è capace di parlare al lettore medio dell’oggi. Abbiamo posto alcune domande all’autore:

Il peccato armeno. Come nasce l’idea di un romanzo familiare incentrato sul genocidio degli armeni? Il romanzo, come il suo predecessore, scaturisce da illuminazioni tanto improvvise quanto limpide. Ricordo perfettamente, per entrambe le mie opere, l’esatto istante e luogo in cui l’idea più generica della storia è come discesa su di me da un qualche demiurgo benevolo. Da lì è tutta una strada in discesa, dove non resta che l’applicazione costante per la stesura e il divertimento nel ramificare dettagli, personaggi e situazioni. Nello specifico ho deciso di destreggiarmi tra gli eventi del genocidio armeno perché a mio avviso mai abbastanza trattato, da più di un secolo passato in sordina, delle volte addirittura negato.
Il romanzo abbraccia un intero quindicennio, il primo del ventesimo secolo ed è ambientato a Van, città dell’attuale Turchia ma dove è sempre stata preponderante la presenza armena; come hai operato a livello di documentazione storica? Ho sempre amato la storia, ho perfino realizzato la tesi triennale assieme al professor Alessandro Barbero, motivo in più per prestare molta attenzione a non commettere errori madornali. Non ha la presunzione di voler essere un vero e proprio romanzo storico comunque, più che altro una storia sul cui sfondo è stata dipinta questa leggera scenografia. Ma essendo l’uomo uguale a se stesso da secoli, a mio avviso sarebbe replicabile in qualsiasi epoca umana modificando semplicemente le sfumature dello sfondo. Per la documentazione storica comunque ho consultato alcuni dei principali testi e saggi tradotti in italiano, e non, concernenti la questione armena. E qualcosa riguardante la sua ricca cultura letteraria.
Nella storia sono protagonisti i diversi componenti della famiglia Dadrian, come ti sei approcciato nella stesura di personaggi differenti per carattere ed età? Credo fermamente che ci sia, in maggiore o minore misura, un po’ dell’autore il ogni personalità e in ogni parola stampata su carta. Nei migliori dei casi quel qualcosa viene ritrovato e riconosciuto anche dal lettore: è così che nasce l’amore per la lettura. Per la genesi dei personaggi mi piace pensare all’immagine pirandelliana, ripresa anche dalla Maraini in alcune interviste, dei personaggi che prendono vita da sé e dialogano con i loro creatori faccia a faccia.
Mi ha molto colpito il personaggio principale, Claude-Henri il più giovane di Dadrian, che fin dal nome porta il segnò della sua dualità. Cos’è la “binarietà del male”? Il rimando alla Arendtè in realtà solo superficiale, rimane giusto al solo sottotitolo dell’opera. Traspare di sicuro lo stesso senso di spiazzante banalità espresso da parte della Arendt nei confronti degli “attori del male”, spesso idealizzati e mitizzati ma in realtà nient’altro che umani. Binarietà si riferisce nella mia opera all’ossessione d Claude-Henri per il dualismo, per la scelta manicheista fra bianco e nero, nell’osservare il mondo attraverso questa lente sdoppiante.
Racconta il tuo romanzo in 300 battute: Una favola d’amore proibito, uno affresco familiare, un bilancio storico, una lettura spinta nell’erotismo, una cronaca di guerra, un romanzo di formazione, un flusso di coscienze, uno scontro teatrale di dialoghi. L’insieme di tutte queste cose e altri mille caratteri opposti, in viaggio su un binario parallelo.
Sei impegnato nella ricerca medica narrativa, pensi che la letteratura possa avere una funzione curativa? Assolutamente sì, per chi ne usufruisce ma anche per chi la crea. Ѐ, nella sua accezione più “banale”, evasione dal mondo. Ma è anche reazione, un colpo di coda attivo in grado di modificare pagina dopo pagina, libro dopo libro, chi siamo e chi vogliamo essere. E di conseguenza le nostre vite.
Il tuo romanzo è un atto d’accusa nei confronti degli ottomani ma vengono evidenziate anche le responsabilità dei curdi, anch’essi persecutori della popolazione armena. Ancora oggi il confine orientale della Turchia è un ginepraio di conflitti, e il tuo romanzo, ambientato un secolo fa, sembra parlare all’oggi. Qual è il tuo rapporto di intellettuale e storico con la contemporaneità? Ci sono dei luoghi come segnati nella carne dalla tragedia, dalla storia, come in un dramma shakespeariano od omerico. Queste terre dell’attuale Turchia più orientale sono proprio uno di quei luoghi. Credo che il più grande “peccato” per un intellettuale possa essere quello dell’indifferenza. Va sempre denunciato qualcosa, ribadito un concetto, urlato un dissenso. Fosse anche per una sola frase in trecento pagine, fosse anche che stai maneggiando il diciannovesimo secolo: qualcosa verso il contemporaneo deve sempre sfuggire.
Il romanzo che suggeriresti a un lettore medio: Vado molto a periodi, ad ondate artistiche. Di conseguenza ciò che sto leggendo o ho appena terminato di leggere è ciò che solitamente più apprezzo in un determinato periodo. Ultimamente si sta attraversando un bizzarro connubio di esistenzialismo europeo e orientalismo zen, in realtà a mio avviso molto affini. Quindi consiglierei a tutti da un lato un buon Cioran, un bel Moravia nostrano o un bel Camus, mentre dall’altro un interessante e ben fatto saggio di Alan Watts, “La Via dello zen”, che non scivola assolutamente nella banalità new age o romantica che troppo spesso lo sguardo occidentale usa, distorcendolo, nei confronti del pensiero orientale.
Progetti letterari futuri? Mantengo sempre un gran riservo geloso, persino con le persone più care, per tutto il periodo della gestazione di un’opera. Però sì, la scrittura è una delle poche priorità della mia vita, e fortunatamente alcuni progetti sono già in cantiere, già discesi su di me dall’alto. Probabilmente tornerò a concentrarmi nuovamente all’oggi e riprenderò in mano dalla scatola degli attrezzi la narrazione in prima persona, più intima e spinosa.

Titolo: Il peccato armeno – la binarietà del male
Autore: Matteo Nunner
Genere: Romanzo storico
Anno: 2017
Casa editrice: Undici
Pagine: 154
Tempo Medio di lettura: 2 giorni
Musica consigliata: System of a down (gruppo americano di origini armene che ha scritto diverse canzoni sul genocidio armeno)
Film consigliati: La masseria delle allodole

L’autore:
Matteo Nunner (Vercelli 1992) si definisce scrittore, poeta e galantuomo. Ha collaborato con testate giornalistiche del vercellese e fondato una propria testata on-line. Collabora nella ricerca medica narrativa e ha studia Scienze Antropologiche ed Etnologiche all’Università Bicocca. “Il peccato armeno” è il suo secondo romanzo.

Giancarlo

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