Non c’è traccia di quando ho fatto, di nascosto, i test di gravidanza – di nascosto da tutti, tranne che da Giulia – di quando ho mandato il primo risultato a Giulia, né di quando l’ho mandato alla dottoressa del centro di Y., o al mio ginecologo di Roma, il dottor S.
Recensisco libri da anni, ma questa è la prima volta che mi tocca recensire un libro del “Premio Strega”. Un po’ d’emozione è presente.
Quando si tratta di romanzi autobiografici, ho sempre paura di dire troppo e magari di non essere riuscita a cogliere l’essenza o il messaggio principale. Sono del parere che chi sceglie di scrivere qualcosa di personale lo fa per aprire il suo cuore a noi lettori, vedendoci un po’ come amici/confidenti, quelli a cui racconti i tuoi segreti e affidi i pensieri, soprattutto quelli negativi.
È così che mi sono sentita durante e dopo la lettura di “Cose che non si raccontano” (edito da Einaudi), perché è vero, certe cose non si raccontano, soprattutto se riguardano l’essere donne, eppure Antonella Lattanzi ci è riuscita e ha saputo descrivere egregiamente lo status femminile in questa società.
Tra le questioni affrontate c’è quella della maternità. Sarà capitato a tutte almeno una volta di sentirsi dire “Ma un figlio quand’è che lo fai?” oppure, “Ma quand’è che ti sposi per mettere su famiglia?” come se noi donne fossimo qui sulla Terra solo ed esclusivamente per procreare. I tempi però cambiano, la società si evolve e come dice Luciano De Crescenzo in Così parlò Bellavista “Qui si vive con il telecomando alla mano e determinate parole potrebbero essere ampiamente evitate”.
È quello che fa Lattanzi. Dopo aver ingoiato, omesso, nascosto parole in questo romanzo, decide di raccontarci ciò che ha taciuto finora sulla questione: due aborti volontari, uno a 18 anni e uno a 20, poiché fino ai quarant’anni non ha mai voluto saperne nulla di maternità. Poi, insieme al suo compagno Andrea ha cominciato seriamente a pensare di avere un figlio, un figlio che però non è arrivato. La narrazione della decisione di ricorrere alla PMA, la procreazione medicalmente assistita, è sofferta. L’iter è lungo e doloroso, e i passaggi del romanzo mettono in luce tutta la fragilità ma anche la forza delle donne.
L’autrice racconta nel dettaglio le visite mediche, i ricoveri, le ecografie, senza tralasciare il benché minimo particolare. Tutto scritto nero e su bianco in un modo che dilania il corpo e l’anima, ma che evidenzia anche la straordinaria potenza di cui è capace il gentil sesso.
Il romanzo di Antonella Lattanzi è sincero, senza veli e soprattutto senza troppi giri di parole perché in determinate circostanze – e con determinati argomenti – è meglio non girarci intorno. Un libro che scorre via facilmente grazie a uno stile fluido e doloroso, caratterizzato anche da un ritmo bello intenso. Una lettura che tiene incollati sin dalle prime pagine e rende molto difficile trattenere le lacrime. “Cose che non si raccontano” è un romanzo autobiografico che vuole essere un messaggio di speranza per tutte le donne che sognano di diventare madri ma anche un monito, uno sguardo onesto su cosa si nasconde dietro le lunghe trafile mediche e le procedure specifiche. Grazie, Antonella, per averci aperto il tuo cuore e per tutte le emozioni che mi hai regalato!
Titolo: Cose che non si raccontano
Autore: Antonella Lattanzi
Casa editrice: Einaudi
Genere: Romanzo autobiografico
Pagine: 216
Anno edizione: 2023
Prezzo: €18,05
Tempo medio di lettura: 8 giorni
L’autrice
Antonella Lattanzi è nata a Bari nel 1979. Vive a Roma. Devozione (Einaudi Stile libero, 2010) è il suo primo romanzo, seguito da Prima che tu mi tradisca (entrambi per Einaudi). Ha collaborato al programma Tv Le invasioni barbariche, mentre per il cinema ha scritto le sceneggiature di Fiore di Claudio Giovannesi. Per Mondadori è autrice di Una storia nera (2017). Tra gli altri titoli, Questo giorno che incombe (Harper Collins, 2021), Cose che non si raccontano (Einaudi, 2023), incluso nella dozzina finalista del Premio Strega 2024.
Anna C.