Lettore medio

Atlante delle meraviglie. Sessanta piccoli racconti mondo (Danilo Soscia)

9788875218874_0_0_0_75Mio fratello minore Dieyi era rimasto l’unico in famiglia a occuparsi di questioni religiose. Una volta lo implorai di scovarmi un dio qualsiasi che si accontentasse di un poco di frutta, come si faceva un tempo. Un vassoio di prugne, una bottiglia di sorgo da libare senza troppe cerimonie. Un dio che gioisse nel vedere bruciate nel suo tempio banconote di giornale, e per questo ci assolvesse tutti dall’incubo di lavorare, di edificare il futuro.

Comincio da una considerazione: “Atlante delle meraviglie. Sessanta piccoli racconti mondo” di Danilo Soscia (edito da Minimum fax) è un gran bel libro. Un’antologia nella quale l’autore non si limita a raccontare storie ma a riscrive realtà ben note, osservate da un differente punto di vista. Hitler diventa così il dio dei conigli, mentre Cassandra racconta una storia differente relativa al destino degli Achei, così come differente è il destino di Gesù Cristo, Edipo o Asterione.

Quel che ho apprezzato di questo volume è, innanzitutto, lo stile. Soscia predilige una narrazione in prima persona, con dialoghi serrati e poche didascalie. Gli stati d’animo dei personaggi sono palpabili (angoscia, paura, rabbia sembrano essere entità che gravitano intorno ai protagonisti); inoltre ogni singolo vocabolo diviene l’ingranaggio di una narrazione asciutta – i racconti difficilmente superano le cinque cartelle – che scorre con piacere. Non aggiungo altro, lasciando all’autore la possibilità di raccontarsi.

Atlante delle meraviglie. Come è nato questo libro? Nasce dalla volontà di inserire in un anfratto museale, quasi una collezione ossessiva, un certo numero di scritti che allora mi parevano appartenere alla medesima voce. Monologhi dissimili, che pure riuscivano a convivere in una dimora comune, nel pugno stretto di un unico libro.
Per i racconti di questo volume ricorri quasi sempre alla prima persona. Scelta stilistica o il desiderio di far sentire la tua voce all’interno dei racconti? L’io che prende parola racconto dopo racconto muta sempre declinazione. La mia voce – almeno questa era l’ambizione originaria – vorrebbe essere in verità una cassa di risonanza, una sorta di persona loquens rivista, un mascheramento rituale. Brecht, l’apostolo Giovanni, Benjamin, Gramsci, Lutero, Nietzsche, Odisseo e tutto l’affollato corteo che abita l’“Atlante” sono simulacri che il soffio di chi scrive cerca di rianimare. Il mito erode, metamorfizza – con lentezza, ma in modo inesorabile – la verità. Leviga i tratti di un volto, rovescia l’ordine delle vicende così come sono realmente accadute. In virtù di questo procedimento arcaico, le storie sedimentano, mutano, i corpi diventano polvere. Amleto, Oreste, non hanno un viso. L’attore che ne ripropone le gesta, che ne incarna appunto la voce, è l’unica verità superstite.
Fortissimo è il richiamo – attraverso luoghi, personaggi e situazioni – alla mitologia e alla religione. Che tipo di rapporto hai con queste due antichissime forme di narrazione che, di fatto, hanno segnato qualsiasi genere letterario? Un rapporto di continuità. Rappresentano un paradigma costante, un argine, ma anche un granaio inesauribile. Per quanto si collochino all’origine stessa di ogni narrazione, sono continenti ancora ricchi di terre inesplorate.
Cosa, in letteratura, riesce a meravigliarti? E cosa, invece, ti lascia senza parole nella vita di tutti i giorni? Quando un’opera riesce a testimoniare nella sua viva carne il rapporto che intercorre tra l’uomo e il mondo, la sua contraddizione di fondo, lo smarrimento, la tragica appartenenza, allora quell’opera diventa una pietra della mia casa, il luogo materiale in cui io mi metto al riparo.
Domanda personale adesso. Come vivi il rapporto con i tuoi lettori? Spesso, non sempre, si scrive con la speranza di poter condividere quanto si è scritto. Il libro di per sé è un oggetto inerte. Occorrono le mani, la voce e gli occhi dei lettori per renderlo una cosa viva, durevole. Confesso una certa pigrizia nella promozione dei miei scritti, tuttavia i momenti di incontro viso a viso, la conoscenza diretta con coloro che hanno vissuto anche una sola tua pagina, lo scambio di un parere o di un aneddoto, sono il fondamento di un rapporto autentico, vero, l’unico che può darti una coscienza piena di quella che è stata la reale percezione del tuo lavoro, e di quale esistenza esso abbia avuto dopo la pubblicazione.
E quello con i social network? Non ho un’esistenza digitale.
Quali suggerimenti vorresti dare a un aspirante narratore? Si metta in ascolto della propria voce, narri solo quello che veramente desidera e nella forma che più lo rispecchia, senza complessi di appartenenza o adesioni a modelli altrui. Riscriva, sempre, si lasci il tempo di osservare da lontano quello che è precipitato sulla pagina. La verità è difficile, e la bellezza non è da meno.
Premi letterari. A prescindere dal prestigio, ritieni siano una buona vetrina per un libro e per il suo autore oppure è il lettore (medio o no) a decretare il successo di un romanzo? Sono fenomeni organici alla produzione letteraria. Il libro è il prodotto – l’esito concreto – di un processo industriale, di una strategia definita. Per sopravvivere nel magma del tempo presente ha necessità di molti galleggianti. Non credo alla teoria per la quale i promotori culturali (tra cui gli editori e allo stesso modo le giurie dei premi) assecondino un gusto pregresso, una richiesta che giunge dalle retrovie di chi legge, di chi compra. Credo invece che il gusto – così mi pare – si formi attraverso una dialettica fatta di impulsi, proposte, scambi. Il prestigio è un fatto accessorio. È il messaggio che giunge al lettore a partire da una scelta – critica e di mercato – il vero nucleo della faccenda.

Titolo: Atlante delle meraviglie. Sessanta piccoli racconti mondo
Autore: Danilo Soscia
Genere: racconti
Casa editrice: Minimum fax
Pagine: 280
Anno edizione: 2018
Prezzo: 18,00 €
Tempo medio di lettura: 3 giorni
Da leggere: di sera, per meglio lasciarsi suggestionare dalle storie ma soprattutto dalle parole che le compongono. In viaggio, così da associare un posto differente a ogni racconto.

L’autore
Danilo Soscia vive a Pisa. Con l’editore Manni ha pubblicato la raccolta di racconti “Condominio” (2008). Come studioso di letteratura e di Asia Orientale ha curato, per l’editore ETS, il volume “In Cina” (2010) e realizzato, per l’editore Mimesis, lo studio “Forma Sinarum. Personaggi cinesi nella letteratura italiana” (2016).

Paquito

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